La protezione del patrimonio è un’azione necessaria, in quanto consente di tutelare quanto in proprio possesso (immobili, partecipazioni societarie, beni mobili, liquidità) da eventuali futuri creditori. Pianificare preventivamente la tutela del patrimonio fa sì che i sacrifici di una vita non vengano meno con il passaggio generazionale. Invero, uno dei tanti motivi principali della pianificazione della tutela del proprio patrimonio è quello di evitare futuri conflitti tra eredi e far sì che il passaggio da una generazione ad un’altra avvenga senza troppe complicanze o per garantire una continuità aziendale in assenza di eredi.
Uno degli strumenti di protezione patrimoniale è il trust.
Il trust è uno strumento che consente ad un soggetto, definito disponente, di trasferire la titolarità di beni ad un altro soggetto (trustee), il quale ne diventa proprietario ma con il solo scopo di gestire e amministrare i beni secondo un programma deciso preventivamente dal disponente. In altre parole, non è altro che un fondo nel quale custodire tutti i beni di proprietà. I beni trasferiti nel trust non entrano nell’effettiva proprietà del trustee poiché non saranno riconosciuti nel patrimonio dello stesso ma quest’ultimo deve solo mettere in atto tutte le azioni necessarie alla tutela del trust.
Ciò fa sì che il disponente non risulterà più effettivo possessore dei beni e questi non potranno essere aggrediti da nessun creditore.
Pianificare preventivamente la tutela del patrimonio è indispensabile ancor prima che si possa manifestare l’insorgenza di debiti nei confronti dell’Erario o di altri creditori, in quanto se pianificato in tempo non solo il creditore non potrà aggredire i propri beni con eventuali azioni esecutive /o cautelari ma non potrà neanche richiedere alcuna revoca della costituzione del trust, né il pignoramento dei beni che ne fanno parte. Affinché questo strumento possa essere considerato valido è necessario che il disponente non mantenga il controllo effettivo del trust, né che disponga dei beni a suo piacimento; il solo rapporto consentito dalla legge, al fine di non rendere nullo lo strumento, è quello di consultazione. Per cui il disponente potrà consultarsi con il trustee o beneficiare dei frutti del trust ma mai disporne personalmente. A titolo esemplificativo, nel caso in cui vengano trasferiti nel trust beni che generano un reddito, il disponente o altri beneficiari potranno stabilire che parte del reddito venga trasferito agli stessi affinché possano mantenere il medesimo tenore di vita.
Uno strumento simile è importante non solo per tutelare i propri beni ma anche per far sì che vengano rispettate le volontà del disponente in caso di morte. Infatti, poiché il trustee ha il solo compito di amministrare e gestire i beni facenti parte del trust secondo i desideri del disponente, in caso di morte, quest’ultimo dovrà e potrà agire solo secondo quanto statuito nell’atto istitutivo, ossia al momento della costituzione del trust.
La pianificazione patrimoniale attraverso lo strumento del trust consente di raggiungere vari obiettivi.
In primo luogo, tutelare i beni di famiglia da eventuali eventi che possano influire negativamente sull’attività dei genitori e a prescindere che si mantenga nel tempo il vincolo matrimoniale; tutelare i rapporti interpersonali non riconosciuti dalla normativa vigente, mantenendo i diritti dei legittimi eredi; tutelare i frutti di un’assicurazione sulla vita in caso di premorienza dei genitori, garantendo che la liquidità non venga sperperata ma gestita e amministrata da un trustee, che utilizzerà unicamente a beneficio dei figli secondo quanto disposto dai genitori; tutelare il passaggio generazionale aziendale evitando conflitti tra gli eredi e favorendo una suddivisione ben definita della società. Il fine ultimo della pianificazione è, senza dubbio, evitare che i sacrifici di una vita possano essere vanificati con la complessità della burocrazia e dei rapporti interpersonali e far sì che anche nel “dopo di noi” si possa godere di quanto costruito nel tempo.
L’istituzione del trust deve essere effettuata mediante scrittura privata autenticata o atto pubblico da un notaio. L’atto non è altro che una descrizione di tutte le regole del trust, dei soggetti coinvolti nello stesso (disponente, trustee, beneficiari e guardiano), delle finalità e dei poteri dati ai citati soggetti. Come anticipato i soggetti coinvolti nel trust si individuano in quattro figure, il disponente il sottoscrittore dell’atto e colui che “concepisce” il programma del trust, il trustee che è il soggetto terzo al quale viene affidata la gestione e amministrazione del trust, il beneficiario/i coloro che beneficeranno dei frutti immediati o i futuri possessori dei beni e il guardiano che dovrà vigilare sull’operato del trustee affinché questo possa essere conforme a quanto richiesto dal disponente.
Pertanto, prima ancora di istituire un trust è necessario che il disponente individui il reale scopo del trust, come deve avvenire la gestione dei beni nonché degli eventuali frutti dei redditi trasferiti, scegliere i beneficiari, il trustee che dovrà gestire per l’intera durata dello strumento i beni e il guardiano che controllerà ogni azione effettuata dal trustee.
Come dicevamo in precedenza, è importante pianificare il momento giusto nel quale istituire un trust, in quanto, sovente, viene utilizzato abusivamente come scappatoia dai creditori. Pertanto, in caso si fosse titolari di un’azienda, usufruire del trust per evitare aggressioni (pignoramenti, esecuzioni immobiliari e mobiliari) da parte dei creditori è assolutamente errato. Invero, anche il trust, come ogni strumento volto a trasferire beni da un soggetto ad un altro, è soggetto ad azione revocatoria da parte dei creditori esperibile entro i cinque anni dall’istituzione dello strumento di tutela patrimoniale. Dunque, nei cinque anni successivi all’istituzione del trust il creditore potrebbe proporre un’azione revocatoria e in poco tempo vi potreste ritrovare nuovamente possessori dei beni precedentemente trasferiti nel trust ed essere soggetti ad una successiva azione esecutiva, con il rischio di perdere tutto ciò che era vostra intenzione custodire. La pianificazione preventiva del trust deve essere accompagnata da una scelta accurata dei soggetti coinvolti. Il disponente, come già anticipato, essendo il sottoscrittore dell’atto istitutivo non può coincidere con la figura del trustee né del guardiano. Queste due figure devono essere scelte tra soggetti non troppo vicini alla propria famiglia affinché si possa garantire una gestione di reale controllo dei beni trasferiti e non possa essere opponibile dai creditori. Il rapporto tra il disponente e il trustee, in particolare, deve essere di mera consultazione e non di esecuzione di quanto di volta in volta deciso dal disponente. Il trustee è tenuto a mettere in atto i desideri del disponente descritti nell’atto e quest’ultimo non potrà disporre dei beni a suo piacimento, né usufruire dei frutti se non per mantenere il precedente tenore di vita o per sopperire a delle esigenze di natura straordinaria e necessaria, quali possono essere spese mediche.
Prima ancora di approfondire le due tipologie di trust più diffuse, ci soffermeremo brevemente sui vantaggi fiscali del trust.
La legge finanziaria del 2007 ha introdotto per la prima volta una disciplina per le imposte sui redditi del trust. In sostanza, il trust è stato inquadrato come soggetto fiscalmente riconosciuto ai fini IRES sia che venga individuato come ente commerciale che non commerciale.
Il Legislatore ha stabilito che i redditi del trust dovranno essere tassati in capo al trust. Per quanto attiene alle imposte sui redditi, il trust sarà tenuto al versamento del solo IRES al 24%. Questa ipotesi sarà valida solo se non sono individuabili i beneficiari del trust o se i beneficiari non godono dei frutti dei redditi dei beni trasferiti nel trust. Qualora, invece, i beneficiari godano dei redditi o di parte dei redditi del trust la tassazione non sarà in capo allo stesso ma saranno tenuti al versamento delle imposte i beneficiari, secondo il principio di trasparenza.
E’ bene sottolineare che la tassazione per trasparenza in capo ai beneficiari non dipende solo dalla loro identificazione ma anche dallo scopo dato allo strumento. In altre parole, se non vi sono beneficiari del reddito perché la natura dei beni trasferiti non ne produce, non vi sarà alcuna tassazione ai fini IRPEF sulla persona fisica ma in quel caso il soggetto sarà solo beneficiario del fondo del trust e quindi sarà tenuto solo al versamento dell’imposta di donazione.
Questo accade anche quando il trust preveda che vi siano dei beneficiari del reddito e distintamente dei beneficiari del fondo del trust. In questo caso, i primi saranno tenuti al versamento delle imposte proporzionalmente ai redditi maturati dal fondo del trust, i secondi saranno tenuti al solo versamento dell’imposta di donazione.
E’ evidente che la diversa tassazione non sia una scelta casuale ma deve essere frutto di una pianificazione antecedente all’istituzione del trust affinché vi possa essere anche un reale beneficio in termini fiscali e non solo di tutela patrimoniale.
L’istituzione del trust, come accennato, quando inquadrato come trust “opaco”, ossia privo di beneficiari di reddito o non identificati, sconta solo l’imposta di donazione.
L’Amministrazione Finanziaria con la C.M. 48/E/2007 ha stabilito che l’imposta di donazione è dovuta solo nel primo trasferimento dei beni dal disponente al trustee e non anche nel passaggio successivo dal trustee al beneficiario. Ai fini del calcolo dell’imposta di donazione, per individuare le aliquote dell’imposta è necessario verificare il rapporto di parentela e affinità che vi è tra il disponente e il beneficiario e non anche tra il disponente e il trustee. La medesima circolare dell’Amministrazione Finanziaria ha fornito dettagli anche in merito alle imposte catastali e ipotecarie da versare quando il trust è costituito da beni immobili. Tali imposte verranno applicate in misura proporzionale al momento della istituzione del trust (primo passaggio), nel successivo trasferimento dal trustee al beneficiario e su eventuali trasferimenti effettuati durante il periodo intermedio di vigenza del trust.
I trust holiding
Il passaggio generazionale rappresenta una delle più rilevanti criticità delle aziende italiane. La pianificazione del passaggio generazionale consente di scongiurare l’ipotesi che l’azienda, frutto di tanti sacrifici, venga distrutta dalle conflittualità tra gli eredi o nella confusionale gestione del patrimonio successorio.
Per questa ragione uno degli strumenti di tutela del patrimonio societario è il trust.
Tale strumento consente di anticipare qualsiasi azione necessaria nel cosiddetto periodo “dopo di noi”.
Le aziende familiari italiane nella stragrande maggioranza sono costituite da fratelli, i quali, sovente, detengono la medesima percentuale di possesso della partecipazione, ciò fa sì che nel passaggio generazionale si possano verificare situazioni in cui la partecipazione venga suddivisa secondo i dettami della legge tra la moglie e i figli, anche in mancanza totale di interesse da parte di quest’ultimi.
Una delle soluzioni, a titolo esemplificativo, nel caso di una società composta da due fratelli che detengono la quota del 50% ciascuno della società è il conferimento delle partecipazioni in una holding di famiglia. Quest’ultima prevede la costituzione di due holding, una partecipata al 100% dal primo fratello e la seconda partecipata al 100% dal secondo fratello. La holding 1 e la holding 2 parteciperanno al 50% nella società originaria, ossia la società precedentemente detenuta in egual misura da entrambi i fratelli. La holding di famiglia consente il mantenimento del controllo societario, mediante il pieno possesso della partecipazione come nell’esempio riportato precedentemente, elimina il problema della divisione tra gli eredi e fa sì che ogni membro della famiglia possa avere ruolo ben definito in azienda.
Costituire una holding di famiglia consentirà di beneficiare di alcuni vantaggi fiscali. Invero, vi sarà la possibilità di beneficiare di alcuni sgravi fiscali mediante il consolidato fiscale, il gruppo IVA o l’esenzione fiscale del 95% sulle plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni.
Lo strumento della holding di famiglia, se pianificata in tempo, consente di beneficiare di ulteriori vantaggi fiscali attraverso lo strumento della donazione con riserva di usufrutto delle partecipazioni detenute.
Pertanto, il donante manterrà il controllo sulla holding e beneficerà di un abbattimento della base imponibile per il calcolo dell’imposta di donazione che verrà applicata alla nuda proprietà e non sull’integrale possesso delle partecipazioni. Nel caso di morte del donante, l’imposta non sarà dovuta secondo il principio del consolidamento dell’usufrutto.
Un ultimo aspetto da considerare ai fini fiscali è il cosiddetto realizzo controllato, ossia il conferimento delle partecipazioni nella holding di famiglia è fiscalmente neutrale e il conferimento non genererà plusvalenze tassabili.
Il trust immobiliare
Il trust immobiliare consente di trasferire i propri beni immobili in un trust e far in modo che eventuali creditori non possano aggredire il patrimonio e garantire un agevole passaggio generazionale.
Il trasferimento dei beni in un trust prima ancora che si verifichi mediante successione per causa di morte, risulta più agevole per i beneficiari degli immobili, in quanto il disponente nell’atto istitutivo può stabilire la divisione nonché la gestione dei beni. Il trasferimento è senza dubbio vantaggioso da un punto di vista fiscale, in quanto non sarà dovuta l’imposta di donazione per determinate soglie di importi grazie all’applicazione delle franchigie e le imposte ipocatastali saranno calcolate sul valore catastale degli immobili e non sul valore di mercato.